Sette aprile

ricomincia
Era il sette aprile duemilaundici ed era quasi sera quando suonò il campanello della porta, aprii: era un nano o forse un anno, non era chiarissimo, forse intrinsecamente era un refuso fortunato quanto fortuito, ma ditemi voi quando un refuso è calcolato. Comunque erano tre lettere: a, n e o, tre senza e, ché la e fa da congiunzione, poi di n ce n’erano due che fa quattro, ma non so bene se stavano ai fianchi della a oppure in coda… a tutti i modi comunque capii che era un evento straordinario e lo feci entrare, non l’evento, l’altro: anno o nano che fosse. Chiusi subito la porta, caso mai la e dell’evento si fosse fatta empaticamente congiunzione e il vento libero avesse fatto il furbo: era ancora troppo fresco d’inverno per entrare.

L’ospite mi disse "Auguri da oggi al sette aprile duemiladodici", al che feci "Grazie, vuole un tè, un caffè, qualcosa di caldo?" e lui "Si grazie" e io "Prego non c’è di che" e andammo in cucina; una volta sedutosi, tirò fuori dal cappello un pacchetto voluminoso, con un nastro rosso; "È per me?" chiesi, lui sorrise e disse "Si" con la esse grossa e la i corta, quindi sorrisi il doppio; il pacco occupava un quarto della tavola, ma nel togliere il nastro crebbe… e crebbe ancora nello scartarlo così mi ritrovai tutta la tavola invasa da cose colorate, poi la stanza, la casa ed è probabile che qualcosa sia uscito e si sia sparso qua e là, al di qua e al di là del mare e dei monti; mi uscì un’esclamazione di stupore: erano solo immagini, coloratissime e luminose; iniziai a sfogliarle a una a una: c’erano cose emozionanti in bella mostra come una serie di gigantografie e sfiorandone la… diciamo la superficie si poteva entrare e tutto un mondo si concretizzava nel passare; c’erano verità certe come sassolini, come gemme, le toccai e le mangiai ed erano dolci, per quanto alcune arrivassero dal fondale marino di acque profonde, di quelle che richiedono coraggio per essere attraversate "Ci vorrebbe anche un bel biscotto": la frase mi fece riaffiorare all’istante e senza accorgermene avevo già il braccio teso verso l’ospite, pronta a offrirgli una scatola di biscotti o i biscotti della scatola, a seconda dei suoi gusti, scelse i secondi e la scatola restò vuota dopo poco… o dopo tanto, non so, perché il regalo era veramente enorme e guardarlo tutto mi prese molto, moolto tempo: venne buio e poi rifece giorno due o tre volte o anche di più, forse addirittura 366 volte; nel regalo c’era un sacco di fiducia nel futuro, aveva ancora il cartellino, senza il prezzo però, c’era solo scritto “malgrado tutto”, a fianco c’erano cinque o sei odori mai sentiti prima e quattro gusti originali, otto città nuove di pacca e cinquanta prospettive diverse, diecimila persone sconosciute, con millecinquecento di esse scambiai anche qualche parola, mi rimasero impressi molti sorrisi e tremila ore di dialoghi, innumerevoli strette si mano, degli abbracci e cinque amici. Incontrai dieci decisioni importanti, cinquanta nuove parole e ottanta nuovi significati, una carriola di idee brillanti e un po’ di vie inesplorate; persi qualcosa, ma a fianco alla malinconia e alla tristezza c’era anche un modo per farsene una ragione. Raccolsi dei grazie e dei prego. Scoprii nuovi sentieri nei pensieri di chi credevo di conoscere già bene e forse lasciai anche nuovi pensieri nei sentieri che potevo percorrere ad occhi chiusi. Ero assorbita dal vorticare delle cose quando vidi un pacchetto arancione con le stelline blu, lo aprii e vennero fuori un gatto, un elefante, due pinguini, due draghi e un coniglio che rideva a crepapelle, chiesi il permesso al condominio per tenerli in casa e i vicini accettarono di buon grado. Quando finì la sorpresa suonò il campanello alla porta.

Nessun commento:

Posta un commento

con le tue impressioni o quelle del vicino: