Un ricciolo di voluta gialla

Il problema è cosa fanno gli occhi. Se si parla camminando o guidando la questione non si pone perché c'è una scusa: guardare dove si sta andando. Ma se si sta seduti, magari uno di fronte all'altro allora, beh, è un casino. Ah, un'altra situazione che libera dall'imbarazzo è mangiare: a tavola gli occhi seguono ora la propria forchetta, ora la mano dell'interlocutore che versa da bere, tutta una declinazione di attenzioni reciproche che con una buona parola si appuntano come un gagliardetto al petto dell'altro, a mo' di ringraziamento. E tutto scorre liscio. Ma non è questa la situazione a cui mi riferisco. Penso a quella difficile,
quella in cui non c'è nessun diversivo oltre al flusso di parole. Lì gli occhi partono, prima in un moto quasi casuale di misurazione di distanze, di triangolazione di archi e di capitelli con i disegni del pavimento; via via i calcoli ottici di angoli e distanze si fanno sempre più articolati; alla fine prendono tanta di quella attenzione che verrebbe da dire all'altro, con un allegro cenno allusivo e magari una strizzatina d'occhio: te ne sei accorto anche tu che il ricciolo della voluta gialla è lungo quanto la foglia contrapposta della decorazione?

Nessun commento:

Posta un commento

con le tue impressioni o quelle del vicino: